L'Abbazia di Novalesa
BREVE STORIA DELL'ABBAZIA
Il 30 gennaio del 726 venne fondato, dal nobile franco Abbone, il monastero di Novalesa, dedicato ai santi Pietro ed Andrea.
Come primo abate venne nominato un certo Godone.
La particolare posizione geografica offrì da subito ai monaci la possibilità di esercitare una attività che continuò per secoli: trovandosi infatti su una importante via di transito, il Colle del Moncenisio, i monaci poterono organizzare una casa di accoglienza per i pellegrini e per i viandanti. La comunità ebbe così notevole sviluppo e divenne centro di preghiera, di operosità e di cultura (trascrizione di codici).
Il periodo più florido è il secolo nono, anche per la grande personalità dei suoi abati, come Eldrado (S. Eldorado), abate dal 825 al 845 circa. Di lui sono scarse le notizie biografiche certe.
Durante il regno di Ludovico il Pio furono donati ad Eldrado l’ospizio del Moncenisio e il priorato di Pagno (presso Saluzzo).
Verso il 906 il monastero venne assalito e distrutto dai Saraceni e la maggior parte dei monaci si mise in salvo a Torino, presso la chiesa dei SS. Andrea e Clemente (l’attuale Consolata), portando con sè gli oggetti indispensabili e i codici della biblioteca. Adalberto, marchese di Ivrea, offrì loro le corti di Breme e di Policino in Lomellina. Passata la burrasca, il monastero di Novalesa fu riaperto, ma solo come casa dipendente da Breme.
I rapporti tra il priorato di Novalesa e l’abbazia di Breme furono tutt’altro che pacifici poichè Novalesa aspirò da subito a rendersi indipendente, giustificando la sua pretesa con l’antichità delle sue origini e con il suo passato glorioso, ma dovette accontentarsi unicamente dell’autonomia amministrativa.
Iniziarono secoli bui.
Nel XIV secolo sia l’abbazia di Breme che il priorato di Novalesa attraversarono una crisi profonda.
Durante il lungo governo del priore Vincenzo Aschieri (1399-1452) il priorato, tramite un decreto della Santa Sede, venne unito all’abbazia di S. Michele alla Chiusa. Solo un ricorso dei monaci novalicensi del 21 luglio 1451 riuscì ad impedire in extremis l’attuazione del progetto.
Tre anni dopo il monastero venne affidato dai Savoia in amministrazione perpetua al francescano Ubertino Borelli, confessore di Ludovico di Savoia.
Nel 1479 venne affidato in commenda a Giorgio Provana dei signori di Leinì. Da quell’anno il monastero divenne feudo dei Provana che si trasmisero il titolo di “priore” sino all’inizio del secolo XVII, momento in cui, con Antonio Provana, venne ripristinato l’antico titolo di “abate”.
Nel 1646 agli antichi Benedettini succedettero i Cistercensi riformati di San Bernardo che vi rimasero fino al 1798, quando vennero espulsi dal Governo provvisorio Piemontese.
Nel 1802 Napoleone affidò all'abate Antonio Gabet e ad altri monaci Trappisti di Tamié (Savoia) la gestione dell'ospizio sul valico del Moncenisio per assistere le truppe francesi in transito. Dopo la caduta di Napoleone i monaci scesero dal valico prendendo dimora nell'antico monastero.
Nel 1821 si unirono alla Congregazione Cassinese d'Italia.
Successivamente, in seguito alla legge di soppressione del 29 maggio 1855 da parte del Governo Piemontese, i monaci furono costretti ad abbandonare l'abbazia.
Gli edifici furono messi all'asta e trasformati in albergo per cure termali, la biblioteca concessa al seminario, i manoscritti trasferiti nell'archivio di stato di Torino.
Dopo varie peripezie, nel 1972, il complesso monastico venne acquistato dalla Provincia di Torino che la affidò ai monaci Benedettini provenienti da Venezia. La vita cominciò così a rifiorire.
L'Abbazia di Novalesa
Gli edifici conservano tracce di tutte le epoche passate. Nella chiesa costruita nel secolo XVIII, sulle fondamenta di quella romanica preesistente, si notano residui di affreschi tra i quali è da notare la lapidazione di Santo Stefano (secolo XI). Le due ali superstiti del chiostro sono del secolo XVI.
Nei pressi del monastero sorgono quattro cappelle: la cappella di Maria (secolo VIII con rifacimenti del XI), di S. S. Salvatore (metà secolo XI), di San Michele (secoli VIII e IX) e finalmente di San Eldrado e San Nicola, che possiede due splendidi cicli di affreschi (fine secolo XI) con episodi della vita dei due Santi.
La Cappella di S. Michele
LA CAPPELLA DI SAN MICHELE
Conosciuta anche come cappella di S. Pietro. Misura 9.80 per 5.30.
Risale ai secoli VIII-IX. Dopo la soppressione del 1855 fu adibita a stalla e a deposito di attrezzi. Conserva tracce di affreschi medioevali.
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